Giù il sipario. Discussioni a parte, legittime visto il caos che si è creato a Lenzerheide, la coppa la portano a casa due campioni che nell’arco della stagione si sono dimostrati i più completi e continui. Onore al merito di Alexis Pinturault e Petra Vlhova quindi. Però così non va. Speriamo se ne sia resa conto la Fis che deve ora avere l’umiltà necessaria per cambiare le regole d’ingaggio; le pecche sono venute tutte a galla, non si può far finta di nulla e cavarsela con un’alzata di spalle. Non lo merita lo sci. Innanzitutto, va riequilibrata in calendario la disparità tra gare tecniche e veloci; dopo quanto successo, alla finale va dedicato uno spazio consono di una decina di giorni, in modo da fare rifiatare gli atleti e soprattutto garantirsi la possibilità dei recuperi. A Lenzerheide sono stati cancellati discesa e superG, due gare cruciali per gli esiti della stagione, ma si è trovato modo di far disputare il Team Event, il più insignificante e noioso degli spettacoli. Ridicolo. Altro discorso sono i paralleli; vanno allungati i tracciati per conferire un minimo di spessore tecnico, altrimenti tanto vale lasciarli perdere. Così come sono, non piacciono a nessuno e appaiono solo un regalino alle televisioni. Uno all’anno basta e avanza.
L’ultimo giorno di coppa del mondo ha riservato squilli, stonati, di tromba. Lara Gut esce dal cancelletto e molla dopo due porte; protesta sì, protesta no; forse, però, sì, ma. Che barba che noia. “Ero stanca morta, non me la sono sentita” ha chiarito lei. Ok, ma allora bastava rimanersene in albergo e risparmiarsi il minuetto. Si sarebbe riposata meglio. Finita? Macché. “Di questa gara non me ne fregava assolutamente nulla, sono stanchissima e mi devo ritrovare. Non so se mi rivedrete la prossima stagione” tuona ai microfoni Rai Federica Brignone. Dicono voglia un team privato fatto su misura per lei. La sua è stata una stagione parecchio amara: aveva addosso la smania di riconfermarsi, quasi dovesse legittimare quanto fatto lo scorso anno (non ce n’era bisogno). Smania che si è tradotta in un nervosissimo fuori luogo. In suo soccorso è sceso il giornalone rosa con inutili quanto stucchevoli cucchiai di melassa; dire che lo scorso anno, oltre ai suoi meriti, la valdostana ha avuto dalla sua anche una buona dose di sorte benevola, vien preso come un vilipendio alla patria. Grossolano provincialismo nazional popolare: altro è il giornalismo, i cui pilastri impongono di raccontare la realtà, sia essa scomoda. Non sempre ci becchiamo, ma ci proviamo. Non fosse così, faremmo i politici.
Più che di un team privato, le suggeriremmo di attorniarsi di un attento staff di comunicazione, viste le troppe uscite di pista con le parole. Vanno allenate anche quelle. A Cortina prima e a Lenzerheide poi, è uscita dai binari. Non bisogna parlare per forza a questo mondo; ogni tanto si può anche tacere. Mica è un delitto. Per fortuna poi arriva il ventunenne Alex Vinatzer che ti fa un ottimo quarto posto in slalom, viene eletto Best Under 23 Skier, e ti dice: “Potessi, scierei fino a giugno”. Manna. La giornata rientra definitivamente nei ranghi alla sera grazie a Deborah Compagnoni che, ospite di Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa, offre un saggio di maestosa quanto pudica semplicità da radiosa campionessa. Altra manna. Ma che nostalgia, ragazzi!
Si chiude per noi una stagione positiva: mettiamo in bacheca due coppe del mondo di specialità con Sofia Goggia e Marta Bassino, abbiamo un Vinatzer che centra il primo podio della sua giovane carriera a Campiglio e continua a crescere, un Dominik Paris che si rimette in piedi e torna a vincere, e virgulti come Franzoni e Mathiou che fioriscono all’orizzonte. C’è da esser soddisfatti. Un abbraccio e un augurio di pronto ritorno a chi ha fatto vista all’ortopedico, prima di congedarci con un bonario consiglio: lavoriamo per sciare di più e parlare di meno. Ci farà bene. Il prossimo anno ci aspettano le Olimpiadi, non una partitella a ‘Paroliamo’. Sarà bene ricordarselo. Buon sci a tutti.
Lorenzo Fabiano