Ciao Rolando!

a cura di Lorenzo Fabiano

L’amico sbadato. C’è sempre, ognuno di noi almeno uno ce l’ha.
Lo aveva anche Bob De Niro in “Il Cacciatore”, il capolavoro di Michael Cimino. In una battuta di caccia al cervo, uno della compagnia aveva lasciato a casa gli stivali.
Un rompiscatole superficialotto che gli orrori della guerra in Vietnam se li era risparmiati. De Niro, nei panni di un reduce che nella giungla dell’Indocina che ne aveva vissute di ogni, non ebbe pietà: «Io un paio di stivali li avrei, ma non te li do. Mi hai scocciato, ora ti arrangi».
Oltre una ventina di anni fa con un gruppo di amici salimmo a Solda per un lungo weekend sulla neve sotto l’Ortles.
Montagna severa, un po’ austera, un incanto avvolto in un silenzio protettivo a difesa dall’assalto chiassoso del turismo di massa. Scaricammo i bagagli, pronti per andare a sciare, ed eccolo l’amico sbadato: «Porco boia, mi son dimenticato gli scarponi!».
Fummo più buoni di De Niro; non andammo oltre un legittimo giramento di zebedei.
Cercammo un noleggio, e lo trovammo: Thöni Sport.
All’interno c’era lui, Rolando Thoeni. Sulle pareti, le foto della sua carriera sportiva: «Ahahah! Vieni qua dai, che te li do io gli scarponi. Vorrai mica andare a sciare in ciabatte…?» disse allegro e baldanzoso all’amico sbadato. Tutto risolto.
Simpaticissimo il Rolando. Lo salutammo.
Ne nacque una discussione: «È il fratello di Gustavo Thoeni». «No, è il cugino».
Si crearono due opposte fazioni, i “cuginisti” e i “fratellisti”. Allora Wikipedia non l’avevamo sul telefonino; ci volle un po’ per risolvere la questione.

Rolando era il cugino di Gustavo. Almeno all’anagrafe, perché di fatto erano fratelli. E tali erano per la maggior parte degli italiani.
Sempre insieme, dai banchi delle elementari alle piste da sci.
Avevano un anno di differenza, Rolando del gennaio del 1950, Gustavo del febbraio del 1951; abitavano a cento metri uno dall’altro a Trafoi, poche anime benedette dallo sguardo vigile dell’Ortles. A sciare, i cugini li portavano la mamma di Rolando e il papà di Gustavo. Alle prime garette vinceva Rolando; poi quando cominciarono a fare su serio vinceva Gustavo. E tanto, fino a prendersi il mondo.
Ai giochi di Sapporo del 1972, si ritrovarono sullo spesso podio a fianco del vincitore a sorpresa dello slalom, lo spagnolo Paquito Ochoa. Argento Gustavo, bronzo Rolando.
Due cugini, da un piccolo paesino incastonato nelle Alpi al podio dell’Olimpiade, sono già di per sé una bella storia da raccontare.
Sempre insieme, certo, ma non potevano essere più diversi: capelli in ordine, mite e di poche parole Gustavo, lunga chioma arruffata, estroverso e incandescente Rolando.
Come dire, la classica e il rock.
Talento naturale, il 1972 fu l’anno migliore della carriera di Rolando Thoeni, allorché concentrò tutto in tre giorni: il 16 marzo ottenne il suo primo podio, terzo nel gigante in Val Gardena; il 17 marzo, vinse lo slalom a Madonna di Campiglio, e il giorno seguente concesse il bis in Francia a Pra Loup proprio davanti al cugino. Folgorante.
Non vinse più, si ruppe più volte qualche osso, ma in fondo non gliene fregava poi molto: «A me piaceva sciare, ma piaceva anche divertirmi» ripeteva.
Nella seconda parte della carriera, Mario Cotelli che nelle discipline tecniche aveva problemi di abbondanza, lo veicolò sulla discesa: lì nacque l’amicizia con Herbert Plank, suo compagno di stanza nelle trasferte.
L’ultima ai giochi del 1976 a Innsbruck.
Alla fine di quella stagione Rolando Thoeni salutò la compagnia per ritirarsi sui suoi monti. Non è mai stato geloso dei successi di Gustavo, si volevano un gran bene ed erano legatissimi, amava i piaceri della vita e il calcio (tifoso del Milan, si allenava a Milanello ai tempi di Nereo Rocco e Gianni Rivera), ha fatto un po’ di tutto, compreso l‘allenatore della squadra di calcio locale, il pastore sugli alpeggi di Trafoi e persino il trainer di Maradona, quando il Pibe de Oro saliva a rigenerarsi da Henri Chenot a Merano.
Spirito libero, è sempre andato di testa sua, restando fedele alla sua indole e alla sua valle. Lo avevo ritrovato a marzo del 2015, alla reunion della Valanga Azzurra all’albergo di Gustavo a Trafoi per il quarantesimo anniversario del leggendario parallelo del 1975 in Valgardena: sul tavolo c’erano cinque coppe del mondo quella sera.
Un ricordo che mi porterò tutta la vita. L’ultima volta l’ho sentito a gennaio: un messaggio su Whatsapp: «Sono arrivati i vaccini in Alto Adige» scrisse. E poi la foto: sulla fiala c’era l’etichetta della birra Forst…Ci saremmo dovuti vedere in estate a Solda.
Niente, ci ha lasciati all’improvviso, il giorno di Pasqua: mai banale fino all’ultimo il Rolando.
Ieri mi ha chiamato il mio amico sbadato: «Ti ricordi quella volta a Solda quando noleggiai gli scarponi dai lui…?». Non gliel’ho detto, ma una lacrima mi è scesa dentro. Il tempo passa veloce, troppo.
Ciao Rolando, goditela anche lassù.

Lorenzo Fabiano

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