Nell’articolo d’apertura di questa rubrica, che mette a tema il non semplice rapporto tra sicurezza sugli sci e componente mentale, indicavo che quest’ultima riassume l’insieme degli aspetti cognitivo-emotivi che determinano il nostro comportamento, in base a stimolazioni interne o ad altre ambientali.
Detto in altri termini, la sicurezza sugli sci è condizionata, in senso positivo o negativo, non solo dalle nostre capacità oggettive di “stare sugli sci” (il livello tecnico dello sciatore), ma dall’insieme degli aspetti cognitivi ed emotivi che precedono e accompagnano lo svolgimento dell’attività.
Per aspetti cognitivo-emotivi intendo quell’insieme di sensazioni, percezioni, convinzioni, atteggiamenti, modi di fare, conoscenze ecc. che, sovente in modo poco differenziato e consapevole, condizionano il nostro modo di sciare e più in generale il nostro modo d’essere e di fare.
Ognuno di noi è caratterizzato da questo insieme di fattori, che, in maniera relativamente stabile e riconoscibile, definiscono la nostra personalità.
Se dovessi indicare, in senso generativo, quale di questi aspetti condiziona maggiormente il modo di sciare, impattando sul tema della sicurezza, indicherei senza dubbio quello dell’autostima e conseguentemente dell’autoefficacia percepita.
Se l’autostima è la percezione generale che abbiamo di noi stessi, in termini di positività o meno di alcune nostre caratteristiche, l’autoefficacia percepita è la percezione che abbiamo di noi stessi in situazioni specifiche o nel fare qualche cosa.
Se ho bassa stima di me e sono poco convinto delle mia capacità in genere, è evidente che il mio stare sugli sci, sia da neofita che da sciatore esperto (!), dovrà fare i conti con questo stato d’incertezza che, come dicevamo, non potrà non impattare sul tema della sicurezza.
Vi impatta non solo perché la poca fiducia che ripongo nei miei mezzi inibisce il mio potenziale espressivo, ma anche perché la componente fisica (tono muscolare, dinamicità, postura) e quella mentale (attivazione, attenzione, gestione dell’errore ecc.), risentiranno negativamente di questa percezione, esponendomi maggiormente all’infortunio.
Abbiamo di fatto quella tipologia di sciatore che dà l’idea, vedendolo dall’esterno, di essere “preoccupato” e quindi rigido, impacciato – cosa che, verosimilmente, coincide con il suo stato mentale generale e caratterizza non solo il suo modo di sciare, ma il suo modo d’essere.
Tuttavia anche il suo opposto, ovvero uno sciatore particolarmente disinibito mentalmente, è oltremodo a rischio, per sé e per altri, sul piano della sicurezza.
Se nello sci è conveniente coltivare fiducia, senso di autoefficacia ed emozioni positive, dobbiamo anche porre attenzione a non coltivare una visione poco aderente al vero di noi stessi, perché non sostenuta da conoscenze e competenze reali!
Questa distorsione cognitiva, frequente negli sciatori di livello medio, ha a che vedere con il c.d. effetto Dunning-Kruger, a causa del quale individui inesperti tendono a sopravvalutarsi; giudicando, a torto, le proprie abilità come superiori alla media.
Enrico Clementi
Educatore, Formatore, Consulente e Trainer educativo
Autore del libro ” L’allenamento mentale nello sci alpino”